#siamo nate/i il 21 a primavera

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

La GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA è stata istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale Unesco nel 1999 e celebrata per la prima volta il 21 marzo seguente. La data, che segna anche il primo giorno di primavera e il compleanno della “nostra” poetessa Alda Merini, riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturale, della diversità linguistica, della comunicazione e della pace.

La poesia non è una scoperta sbucata a un certo punto della storia degli esseri umani: accompagna da sempre il nostro percorso sul pianeta. La poesia è un’arte e, come tutte le arti, è bellezza e salvezza.

Ed è anche celebrazione, dichiarazione, denuncia, trasmissione, devozione, memoria, ricordo, politica, sogno.

La poesia sfonda le barriere dello spazio e del tempo e ci traghetta in dimensioni che, spesso, solo le poetesse e i poeti catturano per noi. Loro, le poetesse e i poeti, penetrano realtà che, talvolta, ci risulta complicato comprendere o esprimere e ce ne traducono i messaggi: decodificano segni, interpretano lingue altre, quelle della natura, dei valori, dei sentimenti, delle emozioni, intercettano suoni lontani, intravedono sfumature, percepiscono profumi, colgono evocazioni, assorbono provocazioni, stanano ingiustizie, rievocano ricordi comuni, intuiscono misteri. Filtrano, scrivono, traducono in parole, le accostano, alcune le inventano e ci restituiscono poesie, arricchendo le nostre vite e rabboccandoci l’incanto.   

Per mille profonde ragioni, che trascendono lingue, confini, differenze, culture, la poesia, è bellezza e crea bellezza. E non è difficile comprendere perché è patrimonio dell’umanità.

Dedichiamo la GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA 2024 al poeta ALDO PALAZZESCHI nel 50esimo anniversario della sua morte.

Pseudonimo dello scrittore Aldo Giurlani (Firenze 1885 – Roma 1974). Palazzeschi ha manifestato il suo estro funambolesco fin dall’esordio come poeta crepuscolare e nell’effimera adesione al Futurismo. Ha attraversato l’esperienza dell’avanguardia di inizio secolo, quella del «ritorno all’ordine» degli anni Venti e in seguito la ripresa sperimentale delle avanguardie degli anni Sessanta con una sua inconfondibile giocondità, enigmatica e inafferrabile, attraverso la quale ha tratto alla luce sproporzioni e incongruità, in un’irridente distruzione dei rapporti normali tra le cose.

Si dedicò alla letteratura dopo aver frequentato una scuola di recitazione insieme a Moretti di cui divenne grande amico e assunse lo pseudonimo di Palazzeschi dal cognome della nonna. Dopo essere stato costretto, durante la guerra, all’esperienza militare, visse nel dopoguerra una vita appartata e solitaria, rimanendo estraneo al fascismo e impegnandosi soprattutto in un’attività di narratore, che gli guadagnò i favori del pubblico. Collaborò dal 1926 al Corriere della sera. Visse a Firenze fino al 1950, anno in cui si trasferì a Roma. Nel 1957 gli fu consegnato dall’Accademia dei Lincei il premio internazionale Feltrinelli per la letteratura; nel 1960 gli venne conferita dall’università di Padova la laurea in lettere honoris causa.

La poesia Chi sono? compare per la prima volta nella raccolta Poemi del 1909 e costituisce un efficaceprofilo poetico ed intellettuale di Palazzeschi, in cui il verso libero si fa lo strumento con cui scardinare l’immagine tradizionale del letterato-poeta per contrapporgli quella di un poeta-giocoliere, un saltimbanco (v. 21) che, tuttavia, non priva di valore l’espressione poetica, ancora in grado mettere una lente sul cuore dell’uomo. La demistificazione della tradizione lirica precedente, che agli occhi di Palazzeschi si è ormai trasformata in una riproduzione acritica di tematiche e forme, viene quindi condotta con le armi dell’ingenuità (tanto che il poeta pare regredire al livello di un bambino innocente) e della negazione, con il rifiuto esplicito delle varie etichette, tra cui quella di poeta, che gli vengono attaccate. Il riferimento ad oggetti comuni e quotidiani (la “penna”, la tavolozza, la tastiera, la lente) è un indizio della ricerca di qualcosa di concreto rispetto alla vuota astrattezza delle convenzioni letterarie e della tradizione passata, che viene percepita come priva di reale valore comunicativo. Tuttavia questa ricerca – che è innanzitutto la ricerca di un’identità – non è priva di inquietudini o di drammi: il poeta-saltimbanco parla esplicitamente follia, malinconia, nostalgia, termini che diventano le parole-chiave del componimento. Sul piano stilistico l’atteggiamento libero e disimpegnato di Palazzeschi si traduce in realtà in una struttura attentamente studiata e calibrata. La poesia è composta da gruppi pressoché simmetrici di versi (tre gruppi di cinque versi, l’ultimo gruppo di sei versi) costruiti su un meccanismo di botta e risposta (quasi un dialogo immaginario del poeta con se stesso), scanditi dalla parola-rima l’anima mia. L’effetto è quella di una filastrocca in versi liberi.

Prof.ssa Francesca Zerman-Dipartimento di Lettere