8 Marzo Giornata internazionale della donna

La GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA si celebra da più di un secolo. E non è un traguardo e nemmeno una conquista da festeggiare. È stata ed è una necessità. Purtroppo non ha mai smesso di essere un’urgenza. Poco più di cento anni che ne rappresentano migliaia e migliaia.

Mentre gli uomini erano impegnati a farsi nominare cavalieri, re, imperatori, papi, conquistare terre, allargare confini e erigere muri, commerciare, navigare e scoprire posti nuovi, infilare elmi, caschi, sguainare spade e imbracciare fucili, redigere bolle, proclami, firmare trattati e matrimoni d’interesse e costruire il PATRIARCATO*(parola molto utilizzata anche nell’ultimo periodo),  le donne, da sempre relegate ai ruoli di accudimento e di cura, tessevano tele e ricamavano, sentivano le voci, si consumavano in preghiere, organizzavano riunioni nei salotti e cercavano vie altre per affermare la propria identità.  

Oggi, più che negli altri giorni, vanno ricordate e riconosciute con forza le difficili e complicate conquiste sociali, politiche, economiche delle donne nel corso del tempo. L’emancipazione femminile cammina a passo lento su un percorso a ostacoli; ostacoli, talvolta davvero giganti, che le donne hanno superato e stanno superando con la caparbietà e la resistenza di chi ha dovuto “fare molto esercizio”.

Certo quanto è stato ottenuto fino ad oggi, almeno in una parte del mondo, dalla (quasi) parità economica e sessuale, alla partecipazione sociale e politica e a quella professionale nessuno lo nega ma è, purtroppo, ancora necessario sottolineare che essersi liberate dai vincoli e dalle negazioni pesanti di secoli, non vuol dire essere libere.

La prima grande tappa nel processo di liberazione delle donne è stata l’emancipazione politica, suggellata dal suffragio universale in cui le donne hanno acquisito uguali diritti come cittadine. Ma questo è stato anche il passo, forse, più semplice. La tappa successiva, l’emancipazione sociale, è ancora incompiuta. Include il diritto all’eredità, all’educazione, alla pratica di tutte le professioni, al divorzio e alla parità retributiva. In molti Paesi, questi diritti non sono ancora garantiti, e nei Paesi in cui lo sono, non sono ancora pienamente attuati. La terza tappa della liberazione femminile è la liberazione dal dominio maschile nella sfera intima (famiglia, sessualità). Questa è la più difficile e la più lenta.

E, poiché anche in Europa resta molto da fare, ogni donna, ogni ragazza, deve sentire il bisogno di impegnarsi per spingere verso la completa liberazione femminile; soprattutto quando, nonostante le leggi, alcuni diritti vengono ignorati nella pratica, come spesso avviene soprattutto nella sfera civile e in quella personale. È necessario modificare abitudini, costumi, linguaggio e atteggiamenti invalsi da migliaia di anni, e questo processo richiederà molto tempo per arrivare alla sua conclusione.

Le nostre società, che piaccia o meno,  continuano ad essere di stampo patriarcale* c’è chi lo nega e che questo non corrisponde più a verità, ma basta guardarsi un po’ attorno, basta sfogliare un testo di storia o di letteratura, di arte per renderci conto che viviamo, soprattutto nasciamo, in un contesto socioculturale, sicuramente evoluto, in cui la donna compare (se compare) come personaggio secondario, come spalla in cui è normale che sia la componente maschile a decidere rispetto a cosa è giusto o sbagliato che una donna faccia, pensi, indossi, aspiri. È segno del patriarcato che a una donna in carriera si chieda (più o meno esplicitamente) di rinunciare alla maternità o, se in carriera lo è, la si accusi di non essere una buona madre perché preferisce la professione. È patriarcale che, spesso, nei titoli dei giornali le donne vengano chiamate per nome senza cognome (astroSamanta, Kamala, la signora delle stelle, Thelma e Louise della chimica, Greta, la Von der Leyen) oppure che si senta la necessità di raccontare i successi anticipando il ruolo importante con un epiteto che si riferisce a un ruolo domestico o allo stato civile (mamma-questore, “prenda appuntamento con la mia signorina”, “Buongiorno Signora e non Buongiorno Professoressa o Dirigente”): al contrario Mario, Joe, il Mattarella, Emmanuel non suonano così familiari, forse è perché siamo più abituati a parlare di Draghi, Biden, Mattarella e Macron. È patriarcale quando la società tutta si stupisce se una donna raggiunge un ruolo apicale come si fa con un’eccezione rispetto alla regola che vuole tutte un po’ meno preparate, un po’ meno abili, un po’ meno equilibrate, un po’ meno… pronte rispetto a un uomo. È patriarcale la tendenza alla vittimizzazione secondaria che è molto diffusa (se una donna viene stuprata spesso si fa riferimento causale all’abbigliamento, all’atteggiamento, se viene uccisa è perché aveva tradito o aveva abbandonato o era di intralcio). È patriarcale che le donne debbano essere eccezionali per essere nominate a fronte di tanti uomini non particolarmente rilevanti, che si ritrovano delle vie intestate senza aver fatto chissacché (le vie, le piazze intestate a donne che non siano sante, martiri, vergini, sono ancora poche**). Anche se sulla carta non esistono più discriminazioni tra uomo e donna, la quale può studiare la disciplina che desidera, ha accesso a tutte le carriere che vuole, vota, può divorziare, ereditare, permane anche nella nostra società una visione stereotipica dei generi per cui, verbigrazia, si ritiene che le donne siano più portare ai lavori di cura e accudimento mentre i maschi sono incentivati, con convinzione generale, a studiare le cosidette materie dure (STEM). Si lavora moto, negli ultimi anni a rendere appetibili e accessibili le carriere scientifiche alle donne.  E se invece si provasse a fare il contrario? Se si rendessero appetibili ai ragazzi i lavori di accudimento e di assistenza all’infanzia che oggi sono considerati poco virili?

E non ci si pensa mai all’altra faccia del patriarcato, che, analizzato con pensiero critico, in realtà, non lede solo le donne ma anche gli uomini che non sono proprio liberi di fare tutto quello che vorrebbero: devono corrispondere a un determinato modello di mascolinità altrimenti verrebbero considerati poco maschi (anche questa è una riflessione che richiederebbe ampio spazio).

Si potrebbe continuare a ragionare per trovare vie altre ma ce n’è una davanti a tutte e a tutti noi che oggi, soprattutto oggi, va illuminata con energia a migliaia di volt: la via della collaborazione tra maschi e femmine per far progredire la società, per renderla più equa. C’è un libricino molto interessante (Dovremmo essere tutti femministi), scritto qualche anno fa dalla scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, che tutte e tutti dovremmo leggere: 40 pagine che definiscono in modo semplice e originale il femminismo, liberandolo dall’ingombrante retaggio dei due secoli scorsi, e le ragioni per le quali in base alla libertà delle donne in una società si misura il livello di libertà della società stessa. Perché? Perché chi è stata per secoli “l’altra metà di un cielo in cui conta di più la prima metà più vista”, “la costola di Adamo”, e oggi “la quota rosa”, “la percentuale di scarto del gap”, sa che cosa significa lottare strenuamente per combattere un’oppressione e per ottenere i diritti. E, si sa, le conquiste raggiunte con fatica e sacrificio sono dense di valore e si caricano di profondo e vissuto significato.

Ammettere che il patriarcato esiste, ancora, significa prendere coscienza e creare un’alleanza trasversale per superarlo, in funzione di una società più giusta, più equa e quindi più libera.  

Da parte loro, le donne, le ragazze devono agire con dignità, come esseri umani uguali per natura, appropriarsi o riappropriarsi delle proprie peculiarità di genere, rimanendo indipendenti nei giudizi e nelle decisioni, ma senza combattere gli uomini, loro simili.

Questa Giornata serve a sollecitare le ragazze, le giovani donne a compiere sempre scelte che vadano nella giusta direzione, a tenere ben presente che la responsabilità personale è un dovere al quale non ci si può sottrarre, per custodire le libertà conquistate e per allargare lo sguardo su orizzonti nuovi, non facili da raggiungere, ma possibili. D’altra parte è ormai, purtroppo, proverbiale che “le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile”. ***

CALENDARIO CIVILE – GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA – 8 Marzo 2024

L’8 MARZO

Per molti anni l’origine della GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA si è fatta risalire a una tragedia accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell’industria tessile Cotton di New York, rimaste uccise da un incendio. L’incendio del 1908 è stato però confuso con un altro incendio nella stessa città, avvenuto nel 1911 e dove si registrarono 146 vittime, fra cui molte donne. I fatti che hanno realmente portato all’istituzione della festa della donna sono in realtà più legati alla rivendicazione dei diritti delle donne, tra i quali il diritto di voto.

Il 3 Maggio 1908 la socialista Corinne Brown presiedette la conferenza del Partito socialista a Chicago, che venne ribattezzata “Woman’s Day“, durante la quale si parlò dello sfruttamento dei datori di lavoro nei confronti delle operaie, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto.
Alla fine del 1908 il Partito socialista americano decise di dedicare l’ultima domenica del Febbraio 1909 all’organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. La prima “Giornata della donna” negli Stati uniti si svolse quindi il 23 Febbraio 1909. Un paio di anni dopo, durante la seconda Conferenza Internazionale delle donne socialiste, che si svolse a Copenaghen il 26 e 27 agosto 1910, si decise di seguire l’iniziativa americana istituendo una giornata internazionale dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
In realtà per alcuni anni negli Stati Uniti e in vari Paesi europei la giornata delle donne si è svolta in giorni diversi. Solo durante la Seconda Conferenza delle donne comuniste, tenutasi a Mosca nel 1921, viene approvata un’unica data per le celebrazioni, per ricordare la manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo dell’8 marzo del 1917. La Giornata Mondiale della Donna dell’8 marzo è stata però ufficializzata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite solo nel 1977.

In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta soltanto nel 1922 per iniziativa del Partito Comunista d’Italia che la celebrò il 12 marzo, prima domenica successiva all’ormai fatidico 8 marzo 1917. La mimosa è il simbolo della Giornata in Italia****.

NOTE

*PATRIARCATO: In antropologia, tipo di sistema sociale in cui vige il diritto paterno, ossia il controllo esclusivo dell’autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi del gruppo. https://www.treccani.it/enciclopedia/patriarcato/

**https://www.toponomasticafemminile.com/sito/

*** Charlotte Whitton politica e femminista canadese ( 8 Marzo 1896 – 25 Gennaio 1975)

****https://www.einaudivr.edu.it/calendario-civile-einaudi-per-la-giornata-internazionale-della-donna-8-marzo/

PER APPROFONDIRE

VERA GHENO, Femminili singolari. Il femminismo è nelle parole. Effequ Ed.

HEIDE GOETTNER-ABENDROTH, Le società matriarcali del passato e la nascita del patriarcato

CHIMAMANDA NGOZI ADICHIE, Dovremmo essere tutti femministi. Le Vele. Einaudi Ed.

CALENDARIO INIZIATIVE PER LA GIORNATA DELLA DONNA 2024 – COMUNE DI VERONA

https://www.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=90892

Prof.ssa Francesca Zerman Dipartimento di Lettere

Locandina di Diletta De Luca classe 5^F