#4 novembre festa dell’unità nazionale e delle forze armate

FESTA DELL’UNITÀ NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE

È molto complesso celebrare la ricorrenza del 4 Novembre in un periodo come quello che stiamo vivendo: la guerra tormenta e devasta Paesi più o meno vicini al nostro.

Per noi è Festa Nazionale e, più che la celebrazione di una vittoria bellica, dovrebbe essere, oggi più che mai, interpretata come un monumento alla memoria per ricordare, soprattutto alle giovani e ai giovani, l’assurdità della guerra, facendo risuonare più forte nelle loro coscienze il “grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! È il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra!”[1]

I fatti terribili di questi giorni rimbalzano immagini di cui il genere umano non dovrebbe essere protagonista: i visi disperati delle bambine e dei bambini, gli abbracci impotenti delle madri e gli occhi sbarrati e terrorizzati dei ragazzi che combattono.

Sicuramente anche gli occhi dei RAGAZZI DEL ’99 erano impauriti.

Il 4 novembre del 1918 viene firmato l’armistizio sul fronte italiano della Prima Guerra Mondiale. E finalmente possono essere pronunciate le parole più attese. Le parole sussurrate con speranza per 42 mesi, ostentate nell’illusione, maledette nella delusione. Le parole che si sono spente sui fiati interrotti di 650mila morti in trincea: vittoria, fine.

I significati che assumono quelle parole per i soldati che hanno combattuto e vissuto sulla propria pelle un conflitto senza precedenti nella storia. È la “vittoria” per chi si sente partecipe e protagonista dell’esito bellico. È comunque una sconfitta per chi pensa ai compagni caduti e alla propria vita dissipata. È per tutti, reduci e invalidi, l’armistizio, il ritorno a casa, la fine dell’incubo.

Il 4 novembre 1918 è al tempo stesso vittoria e sconfitta, tripudio e incredulità, commiserazione e lutto. Per tutti è, però, la fine dell’incubo.

Anche “l’esigua schiera” di ragazzi del 1899 che il Generale Armando Diazaveva chiamato alle armi il 18 novembre 1917, tornava ammutolita da mesi di terrore: erano passati dalla famiglia alla trincea in un battito di ciglia: erano partiti poco più che fanciulli, alcuni imberbi, ed erano tornati con lo sguardo del disincanto. Per sempre.

Avevano raggiunto, al fronte, i più vecchi, stremati dal conflitto. Con passo svelto, non certo marziale, impetuosi come il fiume che dovevano difendere e generosi come la vita che molti di loro avrebbero dato per l’Italia.

Avevano raggiunto il fronte con la purezza di coloro a cui non interessa fare la storia: sono così giovani che non sanno nemmeno cos’è la storia: loro nascevano mentre il XIX secolo finiva. Sarebbero stati ricordati come eroi: loro non l’hanno mai saputo.

E così i ragazzi di Hamas, i ragazzi e le ragazze dell’esercito israeliano, i ragazzi ucraini e tutte le ragazze e i ragazzi dei Paesi in cui si combatte una guerra da loro non decisa, in cui il campo di battaglia si chiama casa, ospedale, scuola. Seguono i passi pesanti di chi li guida, alla ricerca di un onore che, forse, non sarà mai nemmeno inciso su una targa.

Perché il mondo va avanti, le situazioni difficili si susseguono e non tutti gli eroi possono essere ricordati.

La nostra Scuola, ricordando i ragazzi del ’99, dedica questo 4 Novembre anche a tutti i ragazzi disperati nelle guerre che insanguinano la Terra in questi giorni.

prof.ssa Francesca Zerman Dipartimento di Lettere #Calendario civile


[1] Papa Francesco